Roma, 30 nov 2020 – Le minacce di guerre tradizionali, quelle combattute con soldati e cannoni, sono potenziali. Invece il confronto digitale avviene ogni giorno: sul fronte cyber bisogna rispondere ora, non domani.
Pensiamo alla produzione di disinformazione sulle elezioni o della pandemia, minacce che non provengono solo da Russia e Cina, ma anche da gruppi terroristici. Questo nè il riassunto di una intervista de “la Repubblica” al generale Claudio Graziano, presidente del Comitato militare dell’Unione Europea.
Ex capo di SMD, è il referente di tutti i piani per trasformare l’Ue in una realtà militare autonome. “Oggi tutto è tecnologia: nel mondo digitale è difficile tracciare il confine tra la dimensione civile e quella militare. L’Unione ha stanziato fondi rilevanti per migliorare la capacità di reazione e garantire una sovranità tecnologica nei confronti di Stati Uniti e Cina anche in questo settore.
La prospettiva è quella di arrivare a una infrastruttura Ue per la difesa cibernetica, basata su unità di risposta rapida. Ma serve un passo in più: ci vuole una legislazione comune, mentre oggi ogni Paese ha regole diverse”.
“La reazione agli attacchi cibernetici richiede la collaborazione tra aziende, militari, strutture di polizia e di intelligence. Un coordinamento complesso e difficile a livello di singole nazioni, che noi miriamo a rendere europeo. Ma mentre chi gestisce o ispira le aggressioni telematiche non rispetta nessuna legge, noi dobbiamo essere in grado di rispondere rispettando i principi giuridici delle nostre democrazie. E per questo c’è urgenza di dotarci di regole comuni”, ha concluso Graziano.