Roma, 17 giu 2021 – Il 10 giugno il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato la fine dell’operazione Barkhane, che nel Sahel ha svolto azione antiterroristica proseguendo l’operazione Serval. Fu grazie a questa prima attività militare che nel gennaio 2013 era stata fermata l’avanzata jihadista dal nord del Mali verso Bamako.
Barkhane è costituita da una forza di 5.100 uomini dotati di 3 droni, 7 caccia, 22 elicotteri, 10 aerei di trasporto, 290 blindati pesanti, 240 blindati leggeri e 380 mezzi logistici, appoggiati a 11 basi territoriali sparse fra Mali, Niger e Ciad.
Sono stati eliminati almeno 1.200 terroristi di Al Qaeda, Isis e Grande Sahara. I francesi hanno perso 45 soldati.
Nonostante questa attività, sono continuati i sanguinosi attacchi alle cittadine e alle forze armate di confine tra Mali, Niger e Burkina Faso, con migliaia di morti, che in soli due anni sono più di 6mila.
Proprio mentre la Francia si ritira, l’Italia sta inviando in Mali 200 uomini, 20 mezzi terrestri e 8 elicotteri come parte della nuova Task Force Takuba, che avrebbe dovuto convivere con Operazione Barkhane, le missioni europee di formazione delle forze armate e della polizia dei paesi della regione (Eucap Sahel Niger, Eucap Sahel Mali, Eutm Mali) e alla G5 Sahel Joint Force, composta da 5 mila uomini, suddivisi in 7 battaglioni con uomini del Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger.
Era stato il presidente Macron a chiedere rinforzi internazionali e farli digerire ai capi di stato dei paesi afriocani coinvolti nel G5.
Hanno aderito Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Grecia, Italia, Norvegia, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Regno Unito, Serbia, Slovacchia, Spagna, Svezia e Ungheria, anche se ad oggi solo Francia, Estonia, Repubblica Ceca e Svezia, e più recentemente Italia e Grecia, hanno inviato forze da schierare sul terreno. Nessuno, tranne la Francia, fornirà un contingente oltre 200 uomini.
Eppure Macron, fino alla fine del 2020 diceva che Operazione Barkhane era indispensabile , poi il cambio di direzione: «la forma della nostra presenza come operazione militare esterna non è più adatta alla realtà dei combattimenti. Il ruolo della Francia non è quello di sostituirsi in permanenza agli Stati. Non possiamo liberare territori che subito dopo ricadono sotto il controllo del nemico perché gli Stati non si fanno carico delle loro responsabilità».
In altre parole, la task force europea serviva ai francesi per ridurre i costi , soprattutto quelli umani, di Parigi e creare un clima adatto per le imminenti elezioni presidenziali dell’aprile-maggio 2022, seguendo le richieste della sinistra per battere Marine Le Pen.
Un sondaggio ha rivelato che il 51 % dei francesi non vuole più la Operazione Barkhane, contro il 58 per cento di favorevoli alla fine del 2019.
La partecipazione italiana alla Task Force Takuba, decisa a Napoli da Conte e Macron nel febbraio 2020, nonostante una rivalità evidente sulle faccende che riguardano il Nord Africa, perseguiva l’obiettivo di stabilizzare un’area in mano a reti criminali che controllano la emigrazione clandestina e destabilizzano la Libia e per bilanciare, magari ridimensionandole, attività turche, russe e cinesi nella regione (congedatifolgore.com).