Le colpe di una fatalità diventata tragedia non ricadano sui soccorritori, ma si cerchino le responsabilità politiche, a livello internazionale, di chi con la propria indifferenza permette il traffico di essere umani!

Roma, 8 mar 2023 – SINAFI. Editoriale del Segretario Generale SINAFI. Un’altra strage di migranti davanti alle coste calabresi. Oltre 60 anime hanno lasciato questo mondo, in fuga da “realtà-surreali”, questo è il motivo per il quale la gente scappa, inconsapevole dei rischi a cui va incontro.

Ma tante sono le domande che occorre porsi, in via del tutto riflessiva, senza fare, con ciò, una caccia alle streghe.

Una delle tante domande, ad esempio, è come sia riuscito un “caicco” (dicasi bagnarola) a percorrere tantissime miglia nautiche, con un carico umano così rilevante stivato in spazi angusti e, se ne deduce, verosimilmente, senza rifornimenti di viveri, acqua e, soprattutto, senza adeguate riserve di carburante (parrebbe, infatti, che la propulsione fosse fuori bordo, necessitante, quindi, di serbatoi supplementari), tenendo pure conto che non si tratta di km su terra, ma, per l’appunto, di “miglia nautiche”, con quanto ne consegue.

Un’altra domanda connessa alla prima (altrettanto “logica”), è relativa a un’altra circostanza. Non ci si spiega, infatti, come sia stato possibile che, lungo quell’interminabile tragitto, nessun altro Paese abbia avvistato il caicco (che, probabilmente, cabotava a qualche miglio dalle coste dei paesi lambiti), prestandogli soccorso o comunque controllandolo. E così pure allorquando si trovava nelle acque internazionali.

Ebbene, tante domande alle quali è difficile rispondere e, a dirla tutta, le risposte potrebbero forse svelare realtà molto più inquietanti e complesse.

Dato questo scenario, decisamente molto complesso, dal quale si dipanano possibili addebiti per inadempienze o indifferenze, resta ferma una certezza: nessuno pensi di attribuire responsabilità al personale della Guardia di Finanza quale ultimo anello di una catena di per sé notoriamente fragile!

Riteniamo fisiologico e doveroso, in queste tristissime circostanze, che si cerchi di capire le dinamiche che hanno caratterizzato le operazioni di ricerca e salvataggio dei migranti, ma senza scivolare, in assenza di incombenze evidenti, dirette e certe, nella tentazione di attribuire eventuali responsabilità, riconducibili a livelli decisionali internazionali e nazionali senz’altro più elevati, a chi rischia la propria vita ogni giorno, senza risparmi di energie.

Siamo nel 2023, e l’Europa e la Comunità internazionale, quale unione di popoli, cultura e Governi, dovrebbero farsi carico al meglio di tutto quanto occorra per gestire i flussi migratori, evitando, sul nascere, che si verifichino tragedie come quella in argomento.

I flussi migratori e le evoluzioni geopolitiche, in un mondo globalizzato, infatti, non possono essere relegati a pensieri riconducibili a un “non sono fatti nostri, non ci riguarda” (tanto per rievocare la seconda delle due domande che ci siamo posti).

E, allora, torniamo nuovamente a ribadire che nessuno pensi di attribuire responsabilità cosi grandi al personale della Guardia di Finanza, il quale, con senso di responsabilità e umanità, si “barcamena” (nel senso figurato e non del termine) in un ginepraio di norme, trattati, direttive, postille e difficoltà operative, al solo scopo di fare bene il proprio dovere e cercare in ogni difficile contesto ambientale di salvare vite umane, rischiando ogni giorno la propria.

Al di là di pretendere regole d’ingaggio certe e realmente coordinate (tra tutte le Amministrazioni operanti a mare) che aiutino gli operatori a realizzare ciò a cui sono votati, evitando vuoti normativi o interpretazioni equivoche, data la complessità di applicazione, aggravate dall’immediatezza in cui si è chiamati ad agire, è d’uopo che si rifletta, seriamente, intorno a un fenomeno umano dalle dimensioni incalcolabili ed esponenziali, per cui la regola della “caccia alle streghe” suona, nella migliore delle ipotesi, come un barzelletta, ma, in realtà, è più simile al nascondere la polvere sotto al tappeto.

Si cerchino, piuttosto, le cause e le responsabilità politiche e sociali, anche e soprattutto a livello internazionale, delle marcate indifferenze che si registrano verso questi fenomeni migratori che, purtroppo, la disperazione degli esseri umani ha consegnato ai trafficanti di morte.

Dalle indagini in corso, forse, qualche risposta, qualche verità (non solo giudiziaria) emergerà e che potrebbe far emergere che il dramma a cui abbiamo assistito è semplicemente il frutto della fatalità che, complice il contesto ambientale, si è trasformata in tragedia.  Almeno è quello che in tanti auspicano, se non altro per non aggiungere altri drammi umani a quel personale in uniforme che finirebbe per diventare, al tempo stesso, soccorritore e vittima.

Roma 06.03.2023

Eliseo Taverna

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