L’Uranio impoverito diventa di colpo innocuo

Roma, 5 apr 2023 – Nel 2001, l’ex procuratrice del tribunale dell’Aja, Carla Del Ponte, definì l’utilizzo dell’uranio impoverito da parte della NATO, «un crimine di guerra». Da allora si iniziò a parlare della cosiddetta “sindrome dei Balcani”, un insieme di malattie come i linfomi di Hodgkin e altre forme di cancro.

In Italia, come censito dall’Osservatorio Nazionale Amianto (ONA), circa 8.000 militari italiani, di ritorno dalle missioni nei Balcani, sono stati colpiti da diverse malattie. 

Una sentenza del 2013, emessa dalla Corte dei Conti della Regione Lazio, ha sottolineato la correlazione tra la malattia e le condizioni ambientali in cui il militare aveva prestato servizio (Kosovo).

Anche se il rapporto di causa effetto tra l’esposizione all’uranio impoverito e queste malattie non è ancora stato dimostrato, da anni la Coalizione internazionale per mettere al bando armi all’uranio (Icbuw) si batte perché simili proiettili vengano eliminati dagli arsenali. 

Anche un rapporto dell’ONU pubblicato l’anno scorso ha messo in guarda dall’utilizzo dell’uranio impoverito in guerra in Ucraina per le sue possibili conseguenze: «L’uranio impoverito e le sostanze tossiche nei comuni esplosivi possono causare irritazioni della pelle, insufficienza renale e aumentano il rischio dell’insorgenza di tumori. La tossicità chimica dell’uranio impoverito è considerata un problema maggiore rispetto al possibile impatto della sua radioattività».

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