Poliziotti Penitenziari figli di un Dio minore: colletta al carcere di Torino per togliere dalla caserma la moglie del collega aggredito dal pitbull

Roma, 8 sett 2021 – Come ormai a tutti tristemente noto, il 28 luglio scorso un nostro collega, il sovrintendente F.C., padre di due figli, impiegato nel Servizio Cinofili del Corpo, è stato aggredito dal pitbull a lui affidato che gli ha causato l’amputazione di una gamba.

E sarebbe potuta andare anche peggio se il collega, a un certo punto, in un momento di lucidità anche se in preda al dolore, non si fosse finto morto agli occhi del quadrupede.

Dal 28 luglio, quindi, il malcapitato collega è ricoverato presso l’ospedale C.T.O. di Torino e proprio in queste ore sta subendo, a distanza di più di un mese, il terzo delicato intervento chirurgico.

In queste drammatiche condizioni, sconvolto dal dolore sia fisico che mentale, è assistito dalla  moglie che fin dal 28 luglio, si è trasferita stabilmente a Torino.

Per un evento critico di questa portata, fino ad oggi, l’unico intervento dell’amministrazione penitenziaria è stato quello di ospitare la donna nella caserma agenti del carcere di Torino, consentendogli al contempo di usufruire della mensa dell’istituto (peraltro, la stanza si affaccia sui passeggi del carcere).

Insomma, la moglie del collega vive da oltre un mese in caserma.

Di fronte ad una situazione del genere, i colleghi del Lorusso Cutugno, consapevoli dello stato d’animo della donna, hanno ritenuto opportuno avviare una colletta per sostenere le spese di vitto e alloggio in una struttura più dignitosa esterna al carcere.

Desta davvero sconcerto dover prendere atto che l’amministrazione penitenziaria (dalla quale purtroppo il Corpo ancora dipende) rimanga sostanzialmente inerte di fronte ad eventi così gravi e rilevanti, fino al punto di non essere in grado di sostenere le spese per una sistemazione dignitosa dei familiari di un poliziotto rimasto gravemente menomato nell’adempimento del dovere.

Inutile rimarcare che altre forze dell’ordine (come ad esempio i Carabinieri) attivano precisi protocolli in casi analoghi. Protocolli che prevedono ben altre procedure, tutte finalizzate ad offrire la più ampia e concreta collaborazione ai familiari di colui che ha subito l’evento critico.

Collaborazione che prevede, non solo un vitto e un alloggio dignitosi, ma l’assistenza fissa e collaborativa di personale del Corpo, compresa la disponibilità, all’occorrenza, di uno specialista che dia sostegno psicologico.

In fin dei conti, la colletta dei colleghi di Torino dimostra ancora una volta (se mai ce ne fosse stato bisogno) che la Polizia Penitenziaria è e rimane un Corpo di Serie B, per quanto riguarda l’amministrazione (purtroppo in mano a personale civile) ma si dimostra ancora una volta da Champions League per quanto riguarda spirito di corpo e solidarietà dei (e tra i ) poliziotti penitenziari (FONTE>>>>>).

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