Roma, 25 nov 2021 – Nella storia ci sono stati periodi di grandi cambiamenti annunciati proprio dalla intensificazione delle proteste. È successo negli anni tra il 1830 e il 1848, nel 1917-1924, negli anni ’60, e sta succedendo di nuovo oggi.
Nel 2020, la pandemia di coronavirus ha accentuato i disordini sociali in tutte le regioni del mondo. Ma soprattutto uno studio evidenzia il fatto che la prevalenza di proteste è avvenuta nei paesi a medio reddito (1327 eventi) e nei paesi ad alto reddito (1122 proteste) rispetto ai paesi a basso reddito (121 eventi).
È la classe dei lavoratori che protesta universalmente per la perdita di status e per l’impoverimento crescente che la attraversa: perdita di reddito e di lavoro, salari decrescenti, precarietà diffusa, ingiustizia, corruzione, problemi per la casa, le tasse, l’educazione dei figli e servizi pubblici inefficienti.
Il coinvolgimento di massa della classe media nelle proteste indica una nuova dinamica: una preesistente solidarietà della classe media con le élite è stata sostituita in molti paesi da una mancanza di fiducia e dalla consapevolezza che il sistema economico prevalente non sta producendo risultati positivi.”
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