Roma, 12 apr 2022 – “Sparlare” su Whatsapp dei capi della società per la quale si lavora non fa perdere il posto, e la ‘chattata’ al vetriolo non richiede nemmeno di essere punita con una sanzione se la conversazione avviene tra privati in un contesto extralavorativo. Lo sottolinea la Cassazione che ha stabilito anche che l’utilizzo di Whatsapp non è di per sé ‘sintomo’ di una maggior diffusività dei contenuti denigratori.
E’ stata respinta così la richiesta di una società di vigilanza privata di considerare come comportamento scorretto i giudizi molto negativi espressi dal comandante delle guardie giurate di Udine nei confronti del presidente e degli amministratori delegati della Italpol spa nell’ambito di una conversazione con una ex collega su Whatsapp, della quale era rimasta traccia nel pc aziendale.
Il dipendente era stato licenziato “per giusta causa” nel 2017: tre le contestazioni che l’azienda aveva mosso al lavoratore, tra cui quella di aver, in una conversazione via Whatsapp con l’ex collega appunto, “criticato e denigrato i responsabili dell’impresa”.
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