Roma, 25 ago 2021 – «Il like può essere interpretato come una condivisione, un’adesione a quanto scritto da un terzo soggetto. Quindi se il contenuto di un messaggio pubblicato sui social è diffamatorio, c’è chi rileva la possibilità di sostenere che attraverso il like si manifesti un’adesione al contenuto. Per fortuna, però, la maggioranza della giurisprudenza e della dottrina abbracciano un’altra tesi. Quella per cui si interpreta il like come un gesto automatico, fatto con leggerezza, senza pensarci. Il problema è che usiamo la rete con molta leggerezza, internet porta ad avere meno freni inibitori».
Per i reati informatici si parla di “uomini senza ombra”, che agiscono a distanza. Bisogna dimostrare che dietro quel determinato computer ci sia quella determinata persona. Si ricorre all’IP, ma non è sempre una garanzia, viene considerata la prima traccia per identificare un computer ma non è sicuro che dietro quel pc ci sia quella determinata persona. Se la rete è wireless, per esempio, allo stesso IP possono essere collegate più persone».
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